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Corporeità e traduzione

Gentilissim*, sono Sofia Cacchi, laureanda presso la Scuola superiore per mediatori linguistici "San Pellegrino". 

Il questionario che segue è indirizzato a chiunque si occupi di traduzione editoriale e, sulla scia delle riflessioni condotte da Barbara Ivančić, è volto a indagare il ruolo della corporeità durante l'attività traduttiva al fine di considerare quest'ultima un'esperienza che coinvolge l'individuo nella sua totalità, implicando altre sfere oltre a quella cognitiva e razionale.

A primo impatto, potrebbe apparire insolito chiamare in causa il corpo quando si parla di traduzione, un'attività che siamo soliti pensare come puramente intellettiva e prettamente sedentaria.

Tuttavia non è così se si abbraccia un'idea estesa del concetto di corporeità: idea che non si basa sulla tradizionale dicotomia mente vs. corpo, ma che considera quest'ultimo parte attiva della nostra intelligenza.

Protetto
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1

Con quale frequenza legge il testo di partenza ad alta voce?

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2

Con quale frequenza legge il testo di arrivo ad alta voce?

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3

Che importanza assegna alla lettura ad alta voce in una scala da 1 a 5?

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4

Quando traduce:

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5

Le è mai capitato di trovare soluzioni per una determinata traduzione quando non stava traducendo e si stava dedicando ad altro?

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6

Se sì, cosa stava facendo?

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7

Se dovesse descrivere l'attività traduttiva con tre parole chiave, quali sceglierebbe?

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8

Le è mai capitato di ricorrere a un mezzo che non sia il computer per scrivere le proprie traduzioni? (ad esempio, scrivere a mano per poi riportare al computer il testo tradotto in un secondo momento).

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9

Se sì, di quale mezzo si tratta?

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10

A primo impatto, che importanza attribuirebbe alla corporeità (intensa come dimensione motoria, percettiva, emotiva e affettiva) durante il processo traduttivo?